Fagiana Style: la fenomenologia dell'Estetista Cinica

"Non amo pormi limiti ma guardare sempre oltre. Ripensarmi, lanciare nuove sfide"

testo: ELIA ZUPELLI
fotografie: GIULIA MARTINELLI

Ha rivoluzionato l’approccio alla bellezza femminile, riscrivendone i canoni in un’ottica di body positivity. Ha smascherato le false credenze in tema di cellulite, rughe e perfezione, restituendo valore all’autenticità, alla normalità e all’accettazione di sé. Così, con l’ironia che le è valsa il nickname Estetista Cinica, professionalità e talento imprenditoriale, Cristina Fogazzi ha trasformato il suo blog Estetistacinica.it nel beauty-brand VeraLab (55 dipendenti e oltre 50 milioni di fatturato), marchio che ha segnato una vera e propria rottura nel mercato cosmetico.

La vita è branding! Reduce dal trionfale red carpet alla Mostra del cinema di Venezia, l’Estetista Cinica del sintomatico mistero è tornata profeta in patria – Brescia, ça va sans dire – accolta a braccia aperte dai suoi follower in carne e ossa (cui se ne aggiungono quasi 900mila su Instagram) disseminati a ogni angolo di strada, dal Carmine a Piazza Loggia, dal Capitolium ai piedi della Vittoria Alata, passando per i “Palcoscenici archeologici” di Francesco Vezzoli. Tappe di un percorso urbano storico-antropologico in prospettiva Brescia-Bergamo capitali della cultura 2023 “sceneggiato” da #moltobene e interpretato con solerzia dalla Cinica, nell’onda da metà pomeriggio al tramonto inoltrato, compreso aperitivo rinforzato al Belafonte. Il fagianesimo non ha età ma energia virale a propagazione istantanea…dai social al mondo reale, nella zona limbica di una modernità fluida in cui le due dimensioni si fondono e si confondono, come Damiano dei Maneskin – “che adoro: gran figo” – le rockstar oggi sono anche loro.

“Una volta se dicevi che eri un creativo ti mandavano dallo psicologo”

” Sempre autentiche, mai inadeguate!”

Cinica ma non solo. Altri tre aggettivi con cui ti definiresti?

Empatica, onesta, ironica.

Cosa ami di Brescia? In cosa trovi sia cambiata negli anni?

E’ la mia città, benché io sia originaria di Sarezzo. Ho studiato all’Arnaldo, sono cresciuta mangiando la pizza di Birbes, per un periodo ho lavorato come cameriera alla Locanda dei Guasconi…Brescia è cambiata molto in questi anni: oggi è più viva, più aperta, più consapevole della propria bellezze e delle proprie potenzialità. Soprattutto, è una città che ha gradualmente cambiato la sua mentalità: una volta se dicevi che eri “un creativo” ti mandavano dallo psicologo…

Cosa rappresenta nella tua esperienza personale “il viaggio”, filo conduttore di questo progetto editoriale. Viaggio in senso letterale, ma inteso anche come condizione mentale, come predisposizione interiore.

Amo viaggiare, molto meno prendere l’aereo. Per cui molto spesso, grazie anche al mio lavoro, viaggio in Italia. In questi mesi, ad esempio, con il progetto “Bellezze al museo” (tour il cui obiettivo è sensibilizzare all’arte e supportare le istituzioni culturali in ginocchio dopo il lockdown : 500 biglietti dei musei regalati ad ogni tappa) abbiamo portato il nostro beauty-truck color rosa in tutta la Penisola, e prima ancora l’avevamo fatto con il Circo Cinico, tra acrobazie, special guest, giochi e sorprese che hanno accompagnato la consulenza personalizzata VeraLab, portando nelle piazze d’Italia una nuova energia. Incredibile vedere a Milano la Rinascente invasa dalle Fagiane per l’apertura di un mio corner. Il responsabile di un piano ha chiesto a mio marito “Ma chi è che blocca tutto qua? Era successo solo con Beyoncé”. “È mia moglie”, ha risposto lui. A Roma, invece, la security diceva che era capitato qualcosa di simile solo quando al centro commerciale era venuta la Lazio.

Qual è il segreto del successo del tuo “brand”?

Crediamo nella solidarietà e nel senso di appartenenza, che si stringe intorno a valori come il rispetto per l’ambiente, l’inclusività, la trasparenza e la diversità, caratteristica distintiva di ognuno di noi.

Cosa significa bellezza per la Cinica?

Qualcosa di indefinibile. Per me è la “self confidence”: confidenza, consapevolezza. E ironia, certo. Tutto sta a come percepisci la tua fisicità. Puoi avere le forme di una modella, ma se ti vesti da tenda canadese…Innanzitutto devi piacerti. Ad ogni modo, sono convinta che non siamo mai stati belli come in quest’epoca.

Ti consideri una filantropa?

Viviamo in un paese meraviglioso, il più ricco al mondo di monumenti e di musei di alto valore. Diciamo che con il mio lavoro voglio dare un contributo a queste realtà e provare ad avvicinare quante più persone al mondo dell’arte perché dalla cultura si può ricominciare a vivere la normalità e a costruire il futuro. In questo senso, sì, mi considero una filantropa.

Stai lavorando a nuovi progetti in questa direzione?

Non amo pormi limiti ma guardare sempre oltre. Ripensarmi, lanciare nuove sfide, non ultima la nuova idea di creare una Fondazione che istituisca borse di studio per le studentesse donne.

A proposito. Che rapporto hai con l’arte?

Totale! Vado per mostre, sono collezionista e devota alla materia. Contemporanea in particolare.

Spara qualche nome cortesemente.

Man Ray, Nan Goldin, Takashi Murakami, Banksy, Nico Vascellari, Marinella Senatore…Amo il mondo dell’arte perché è un mondo libero.

Quanto ore al giorno stai sui social?

Costantemente. Tranne quando dormo e dormo pochissimo.

Facebook e Instagram: quale butti dalla torre?

Facebook, che ormai è una fogna mediatica. Gli insulti degli hater ormai li conosco a memoria, sono sempre quelli: “Assomigli a Wanna Marchi”, “Ma chi è questa!?”, “Come ha fatto il soldi!?!?” eccetera eccetera eccetera. Instagram non viralizza, ma diffonde il verbo. E adesso in ogni corso di marketing vengo citata come modello di business: ho trasferito il virtuale al reale, ci ho messo qualche anno ma ha funzionato. Ci ho sempre creduto: quando vedo fashion blogger che parlano di creme sorrido perché così non va, serve competenza.

Come si comunica oggi?

Con immediatezza, stare sui social non è come tradurre Tacito. Serve naturalezza: comunicare è anche un po’ intrattenere. Nel mio caso tutto è nato dalle cene con le amiche. Il blog, il lavoro di divulgazione che ne è seguito, tutto è nato da quelle serate, dalle curiosità, dalle richieste delle persone reali. Sui social network ti spiegavano perché un prodotto, un trattamento, fosse più figo degli altri. Invece Veronica Benini mi ha insegnato che nessuno va sui social per fare acquisti: cerca contenuti, di quelli ha bisogno.

A questo riguardo. Parlando praticamente in tempo reale a milioni di persone: esiste un’ “etica”, avverti un senso di responsabilità, ti spaventa mai questa cosa? 

Certo, e te ne accorgi la prima volta che “pesti una merda”. Sui social è un attimo. Fortunatamente non mi è successo spesso, ma è successo. E vi posso garantire che non è per niente piacevole.

Che effetto ti fa invece essere fermata per strada, dal web al bar?

Un bell’effetto, sono grata a tutti quelli che mi seguono: un selfie infatti non lo nego mai a nessuno.

Altro metaforico simbolo di #moltobene: il vello d’oro. Qual è il “vello d’oro” di Cristina Fogazzi?

Che domanda del c***o…Preferisco lasciare un messaggio nella bottiglia: “Sempre autentiche, mai inadeguate!”.

“Puoi avere le forme di una modella, ma se ti vesti da tenda canadese… Innanzitutto devi piacerti. Ad ogni modo, sono convinta che non siamo mai stati belli come in quest’epoca”