IL CARNEVALE DI PIERO

Testo: Valeriano Iosca
Fotografie: Beatrice Burlone, CJ Liay, Elisa Pasotti,
Giovanni Venturini, Marina Bolognini

Tra la valle Serina e la Valle Brembana c’è un paese che si chiama Dossena, pare strano che questo luogo, già in epoca preistorica, possa essere statoil primo insediamento stabile della zona. E poi Etruschi, Romani, Leonardo da Vinci e i villeggianti milanesi, tutti
sono passati e si sono stabiliti qui per un po’. In effetti c’è tutto. Le miniere, il sole, il formaggio, l’aria buona, la mucca più bella delle Orobie, c’è anche il ponte Tibetano più lungo del mondo. L’unica cosa che non c’è più è il carnevale. E noi siamo qui proprio per
quello, per il carnevale: il carnevale di Piero.

Piero ci indica la strada per casa sua suonando un corno di stambecco. Sembra timido quando ci accoglie e infatti suona, suona, suona tutto. Il baghèt, la cornamusa, l’organetto, il piffero; suonare lo mette a suo agio perché gli viene bene, ha imparato da piccolo in famiglia e lo fa da sempre. Tutti infatti nella famiglia di Piero suonano e hanno suonato, nonno, zii, papà, fratelli, figli e nipoti, la musica è nel dna degli Zani. 

Entrando in casa sua pare di entrare in un museo di arti e mestieri o da un rigattiere. Piero costruisce, trova, restaura, conserva. Campane, campanacci, orologi fermi e orologi tintinnati, tavoli, sedie, bastoni da passeggio, lampade da minatore e poi chiavi, chiavi bellissime, chiavi gigantesche, enormi, medioevali, rinascimentali, del sei, sette, ottocento, fino ai giorni nostri. Manco a dirlo Piero suona pure quelle come fossero un flauto di pan. 

In soggiorno conosciamo Liliana, la moglie di Piero che ci prepara il caffè. Entrambi portano il cappello da bergamino. Sono una bella coppia gli Alégher*!

Ma torniamo al nostro tema. A Dossena non c’è più il carnevale. Eppure un sacco di indizi ci suggeriscono che Dossena fosse importante per il carnevale prima ancora che per le miniere e che Piero non poteva che esserne il designato custode e cerimoniere. 

Partiamo dal nome Dossena. La commedia Atellana è una primitiva forma di teatro popolare in lingua Osca. Negli spettacoli molto amati nella Roma prima di Cesare venivano raccontate le storie del popolo povero e contadino con uno spirito giocoso, dissacrante, un po’ rozzo, ignorante e licenzioso. Dossenno è il personaggio del gobbo, scaltro, saccente e ingannatore, ha una maschera deforme e grottesca. Il suo nome è riconducibile al latino dossum, dorsum, per la “gobba” che lo  caratterizza e che risponde anche ad un atteggiamento dell’animo. Allo stesso modo anche il toponimo Dossena ha la medesima radice. Un caso? Forse si ma poi si scopre che Zani (il cognome di Piero) potrebbe derivare dal prenome Zanni, un personaggio del teatro comico dell’antica Roma, la cui storia evolve nei vari Arlecchini. Curioso infine che Arlecchino nasca proprio qui sotto, a pochi chilometri seguendo l’antica via mercaturm che passa da Dossena.

Ma torniamo al nostro tema. A Dossena non c’è più il carnevale. Eppure un sacco di indizi ci suggeriscono che Dossena fosse importante per il carnevale prima ancora che per le miniere e che Piero non poteva che esserne il designato custode e cerimoniere. 

Partiamo dal nome Dossena. La commedia Atellana è una primitiva forma di teatro popolare in lingua Osca. Negli spettacoli molto amati nella Roma prima di Cesare venivano raccontate le storie del popolo povero e contadino con uno spirito giocoso, dissacrante, un po’ rozzo, ignorante e licenzioso. Dossenno è il personaggio del gobbo, scaltro, saccente e ingannatore, ha una maschera deforme e grottesca. Il suo nome è riconducibile al latino dossum, dorsum, per la “gobba” che lo  caratterizza e che risponde anche ad un atteggiamento dell’animo. Allo stesso modo anche il toponimo Dossena ha la medesima radice. Un caso? Forse si ma poi si scopre che Zani (il cognome di Piero) potrebbe derivare dal prenome Zanni, un personaggio del teatro comico dell’antica Roma, la cui storia evolve nei vari Arlecchini. Curioso infine che Arlecchino nasca proprio qui sotto, a pochi chilometri seguendo l’antica via mercaturm che passa da Dossena.

Allo stesso modo anche il toponimo Dossena ha la medesima radice. Un caso? Forse si ma poi si scopre che Zani (il cognome di Piero) potrebbe derivare dal prenome Zanni, un personaggio del teatro comico dell’antica Roma, la cui storia evolve nei vari Arlecchini. Curioso infine che Arlecchino nasca proprio qui sotto, a pochi chilometri seguendo l’antica via Mercaturm che passa da Dossena. 

Ad una domanda specifica sulle origini più antiche del carnevale, Piero dice che si, qualcuno sicuro ha fatto degli studi e ha scritto qualcosa in qualche libro, ma che poi lui ha sempre rispettato le tradizioni, i racconti degli anziani e i ricordi di quando era bambino. Lo dice però con un tono strano, un poco sfuggente, come se volesse nascondere un segreto che non si può dire. In effetti la storia dei carnevali è misteriosa e per raccontare questo carnevale ci atterremo a quello che ci verrà concesso di sapere, col rispetto che si deve a qualcosa che forse nasconde un segreto antichissimo.

Con questo spirito proveremo a raccogliere gli ingredienti di quello che abbiamo inteso poter essere la ricetta per il carnevale di Piero.

QUANDO: Il carnevale deve essere fatto solo nel periodo giusto, quando la luce torna a dare sollievo alla notte rigida dell’inverno. Momento magico durante il quale, insieme alla neve, si sciolgono gli obblighi sociali e le gerarchie, per lasciar posto al rovesciamento dell’ordine e allo scherzo. Un periodo di rinnovamento simbolico che capita solo una volta all’anno e non ha nulla a che fare con la presenza dei villeggianti. Sarebbe meglio se ci fosse ancora freddo e un po’ di neve, che tanto con il ballo e il vin brulè ci si scalda.

 

DOVE: Il carnevale va portato nelle 6 contrade del paese e deve durare il tempo necessario per consentire alle maschere di sfogare e esaurire il loro impeto dato dalle pressioni e dalle difficoltà affrontate durante l’inverno. Il carnevale arriva nelle contrade a piedi, dopo il tramonto, seguendo le mulattiere alla luce dei lumi che aprono e chiudono la processione delle maschere e dei musicisti.

 

 

CHI: Le maschere nel carnevale di Dossena sono diverse. Dietro i lumi troviamo Arlecchino (una specie di Arlecchino) che arriva per primo in contrada percuotendo a terra il suo grande bastone. Nell’aia fa spazio alla recita tracciando il confine del palco e allontanando le persone. Instaura il primo rapporto con il pubblico che non dovrà mai essere spettatore passivo, chiede attenzione e anticipa il tema della recita. A seguire il selvatec, l’uomo selvatico. Questa maschera rappresenta la natura saggia e antica che vede tutto e rimprovera i comportamenti e i vizi dei cittadini. È ora il momento dei musicisti seguiti dalle maschere recitanti. Il vecchio e la vecchia sono fissi, gli altri (figlio, figlia, moroso, dottore, notaio, prete, asino, morte, angelo, ecc) possono variare a seconda del tema. Tutti i ruoli, anche quelli femminili, sono iterpretati da uomini.

 

COME La recita si muove sulla base di un copione manoscritto che viene provato e affinato e che può trattare tematiche diverse prese dalla cronaca, dall’attualità, dalla politica interna, estera e dal gossip. La recita dura circa un’ora per poi lasciare spazio alla musica al ballo e ai festeggiamenti che durano fino al mattino.

 

POI Nei giorni successivi alla recita, le maschere vanno a far visita alle famiglie più ricche della contrada portando musica e allegria e ricevendo in dono formaggio, castagne peste, e altri beni. La maschera a coprire il viso a volte può rendere anche più spavaldi e può succedere che in questo periodo nascano nuovi amori.

 

INFINE Il carnevale si chiude con una grande festa per le maschere dopo aver girato le sei contrade.

Il senso e il valore di questo carnevale è profondamente radicato nel luogo e nelle persone. Si cela nei misteri, nelle tradizioni e nei rituali tramandati; si alimenta con la preparazione, la messa in scena e la partecipazione anno dopo anno. Oggi, il carnevale a Dossena non c’è più, quello che rimane è nella memoria, negli artefatti e nella documentazione prodotta e conservata da Piero: oltre 70 maschere, 20 manoscritti e altrettanti copioni, e poi abiti di scena, documentazione fotografica e video, costituiscono il partrimonio, lo spirito, le tradizioni e le ritualità del carnevale di Dossena. Istituzioni, studiosi, antropologi, etnologi e semiotici dovrebbe fare una campo base qui per studiare e cercare di capire, raccogliere, archiviare e preservare queste memorie, questi misteri e questi rituali. I villeggianti che vengono per il sole, l’aria buona, per la mucca più bella o per il ponte tibetano, dovrebbero seguire il suono del corno e andare a trovare Piero. Troveranno sempre una storia, una canzone un bicchiere di vino ma soprattutto gli verrà affidata la custodia di un tassello di questa memoria straordinaria, di questa storia millenaria che rischia di perdersi.