Sofia Goggia: Le discese ardite e le risalite

Quattro chiacchiere in picchiata con Sofia Goggia: l'atleta veloce come il vento

testo: ELIA ZUPELLI

Implacabile in pista, seguitissima sui social, ama la natura, leggere un buon libro, uscire con gli amici quando gli impegni agonistici concedono una tregua (“Non facciamo nulla di strano, semplicemente ci divertiamo a stare assieme”). Ma più di tutto ama la sua famiglia, il suo inseparabile cane Belle e naturalmente scivolare a folle velocità su quelle lamine d’acciaio con cui ha vinto praticamente tutto. Rialzandosi a denti stretti, anche dopo i botti clamorosi, quando rimettersi in piedi sembrava una missione impossibile. Almeno quanto scalare una montagna, per lei che invece è abituata a discenderle dal verso opposto, sospesa in aria, senza nemmeno tirare il fiato per l’adrenalina che scorre nelle vene. C’è una poesia delle piccole cose nel mondo di Sofia Goggia, qualcosa di straordinario (il talento e tutto il resto naturalmente) e al tempo stesso qualcosa di incredibilmente normale, rassicurante, crepuscolare quasi. Al punto da stimolare nel grande pubblico un duplice senso di ammirazione e immedesimazione: una perfetta eroina moderna. Le vittorie, le cadute, i ritorni in pista a tempo di record, le medaglie, le olimpiadi, le coppe, i traguardi tagliati di slancio, sull’orlo del cronometro, e poi un bel piatto di polenta fumante davanti al camino a impresa compiuta, da buona bergamasca doc. L’Italia intera va in brodo di giuggiole: un simile clamore mediatico sulla neve non si vedeva dai tempi di un certo Alberto Tomba, colui che riuscì a fermare la finale del Festival di Sanremo nell’edizione in cui a trionfare fu Massimo Ranieri con “Perdere l’amore” (correva l’anno 1988, ma questa è un’altra storia). La storia di Sofia Goggia appunto, che sarebbe nata solo qualche inverno più tardi: nel mezzo del cammin di nostra vita e del secondo numero di #moltobene, dedicato a miti, tipi e archetipi, di ieri, oggi e domani, non poteva che essere lei – argonauta indomita e spirito libero – a illuminarci la via attraverso la selva oscura. Go ahead and jump!.

La campionessa della porta accanto che, con le sue imprese mitologiche a 130 all’ora e il suo temperamento bergamasco, ha conquistato l’empireo dello scii mondiale.

Come si definirebbe in tre aggettivi? Come donna e come atleta, dentro e fuori le piste.
Direi volenterosa, testarda e decisa.

Cosa rappresenta nella sua esperienza personale “il viaggio”, filo conduttore di questo progetto editoriale. Viaggio in senso letterale, ma inteso anche come condizione mentale, come predisposizione interiore.
È il percorso che ognuno di noi compie nel corso della vita, quella condizione mentale e fisica che ci consente di vivere quotidianamente le nostre esperienze, allargare le nostre conoscenze.

E il “mito”, tema invece di questo numero? Chi è il mito di Sofia Goggia?
Indubbiamente Lindsey Vonn. Credo che sia stata la campionessa più forte dello sci femminile, un vero e proprio punto di riferimento per la sottoscritta. Si è ritirata da qualche stagione, ma siamo rimaste molto legate e ci scriviamo spesso. Anche recentemente, appena conclusa la discesa olimpica di Pechino, mi ha contattato con una videotelefonata, è stata la prima persona a farmi i complimenti quando ancora ero nella tenda a fine pista.

Il legame con la sua terra, con la sua città. In cosa si sente bergamasca? Cosa ama di Bergamo? Cosa invece non sopporta? In che modo trova sia cambiata negli anni?
Sono una donna cresciuta in un territorio come quello bergamasco che anche negli ultimi anni, nel pieno dell’emergenza sanitaria seguita al covid, ha dimostrato unità, caparbietà e voglia di reagire alle avversità. Mi sento inscindibilmente legata alla mia terra, il mio carattere rispecchia pienamente i valori di Bergamo, non a caso uno dei miei motti è “Mola mia!!”.

Sportivamente è cresciuta al Rongai Pisogne allenata dal triumplino Devid Salvadori. Dietro alle sue imprese c’è anche Romana Caruso, psichiatra e psicoterapeuta bresciana. Ci parla di queste esperienze?
Devid Salvadori mi ha allenato per poco tempo quando ancora ero nelle categorie giovanili, poi non ci siamo più incrociati in pista. Con Romana Caruso ho un rapporto consolidato da tempo, mi sta accompagnando nel mio cammino da atleta e insieme mi ha aiutato ad affrontare tante situazioni di difficoltà, aiutandomi a superarle.

Ribaltando la domanda precedente: che “percezione” ha di Brescia? Per quali aspetti trova che le due città si assomiglino e per quali si differenzino?
Si assomigliano per l’indole orobica e la voglia di lavorare forte, poche lamentele e tanti fatti.

Che effetto le fa pensare che insieme saranno capitali della cultura nel 2023? 
È un bel riconoscimento per entrambe le città, sono contenta soprattutto per come sono state colpite dal covid, sarà l’occasione per mettersi nuovamente in mostra davanti ai turisti che faranno visita alle nostre città.

L’opera, il libro, il film, il disco, la canzone che le hanno cambiato la vita.
L’opera “Il Lago dei Cigni”, il libro “Pastorale Americana”, il film “Pearl Harbour”, il cantante Robbie Williams, la canzone “Dubbi” di Marracash.

Quattro chiacchiere in compagnia per una fenomenologia da rotocalco.

Chi e/o cosa la ispira nelle nuove sfide? A livelli altissimi, su quali aspetti si lavora per trovare sempre nuove motivazioni?
Bisogna porsi anno dopo anno nuovi sfide e obiettivi diversi. Nello sci fortunatamente il calendario propone quasi ogni anno un appuntamento come Olimpiadi o Mondiali che valgono da soli il piazzamento di una stagione, ma anche la Coppa del mondo riserva di settimana in settimana tappe motivanti. Più in generale è importante mettersi sempre in discussione, alzare l’asticella per crescere e migliorare.

Potrebbe descrivere una sua giornata tipo?
La sveglia è fissata sempre molto presto. Gli allenamenti in pista o in palestra e le gare ci costringono ad alzarci in orari parecchio…mattutini! Dopo avere pranzato c’è giusto il tempo per un velocissimo riposo, perché nel pomeriggio ci attende sempre durante la stagione una sessione in palestra, una sessione dal fisioterapista, un po’ di video con gi allenatori, gli impegni con la stampa e magari qualche sponsor. Insomma, sono giornate sempre piene.  

La vittoria che le ha cambiato la vita. Quella a cui è più legata. Quella che ancora le manca.
La medaglia d’oro di PyeongChang 2018 ha sicuramente segnato la svolta nella mia carriera. Fin da piccola sognavo di diventare campionessa olimpica di discesa, ci sono riuscita al termine di un cammino diventato via via più grande. E anche l’argento di Pechino 2022 ha avuto un enorme significato, perché arrivato in condizioni decisamente diverse per via dell’infortunio rimediato a Cortina 23 giorni prima. È stata una sfida vinta con me stessa.  

Come definirebbe il suo rapporto con l’altra grande sciatrice della sua generazione, Federica Brignone?
Con Federica ho avuto una buona stagione, non ci sono stati screzi. Logicamente abbiamo due personalità e due caratteri differenti, ma se c’è il rispetto tutto va avanti liscio. Il nostro è un gruppo che nel corso degli anni si è sempre stimolato in pista a migliorarsi e i risultati sono visibili a tutti.  

Un atleta/un’atleta (anche extra sci) che ammira, un atleta/un’atleta con cui nemmeno prenderebbe un caffè.
Come ho detto precedentemente, cenerei oltre che prendere un caffè con Lindsey Vonn, la mia idola assoluta. Non ho particolari antipatie per nessuno.

Sulla soglia dei 30 anni, ripensando agli esordi: si sarebbe aspettata più o meno risultati di quelli che ad oggi ha ottenuto?
Quando intraprendi una carriera professionistica nello sport, ti immagini sempre di arrivare ai massimi livelli. Però non puoi immaginare quali intoppi puoi incontrare durante gli anni di attività. A me ne sono capitati moltissimi, che avrebbero potuto interrompere la mia corsa più di una volta. Invece ho avuto sempre la forza di riprendermi e le coppe e le medaglie conquistate finora lo dimostrano.

Altro metaforico simbolo di #MOLTOBENE: il vello d’oro, qual’è quello di Sofia Goggia?

“NON HO DUBBI: LA FORZA DI CREDERE IN ME STESSA E NELLE MIE CAPACITÀ”.

Il suo sogno più grande?
Rivincere la medaglia d’oro alle Olimpiadi di Milano-Cortina 2026, davanti ai tifosi italiani.

Il suo incubo ricorrente?
Ogni tanto mi alzo ancora al mattino con l’immagine delle cadute nella mia testa.

Ha mai provato un forte impulso a fare qualcosa di dannoso o sconveniente?
Assolutamente no, piuttosto è la volontà di sfidare me stessa ogni volta che metto i bastoncini fuori dal cancelletto ma non per fare danni, bensì per mettermi alla prova.

Cosa trova particolarmente gratificante nell’essere “popolare”? Cosa invece non sopporta?
Fa piacere essere riconosciuta per strada, incontrare bambini e gente di ogni età che vogliono fare una foto, scattare un selfie. È segno che la gente ti vuole bene, ti apprezza per la persona che sei oltre che per i risultati. Chiaramente la notorietà ha anche il risvolto della medaglia, ma sono sempre riuscita a equilibrarla nel modo giusto, anche se mi rendo conto che non posso stare simpatica a tutti.    

Che valore dà al denaro?
Il denaro aiuta a stare meglio e a realizzare qualche sogno, tuttavia la vita è fatta anche di altre cose che vanno conquistate giorno dopo giorno, arrivare a sera che ti fermi e rifletti se essere soddisfatto per ciò che hai compiuto.    

Che sensazione le fa sapere che con il suo “lavoro” rende felici altre persone?
Prima di tutto il mio lavoro rende felice la sottoscritta ed è la cosa più appagante. Poi sono orgogliosa che le mie vittorie regalino momenti di serenità anche agli altri. Sventolare la bandiera tricolore in giro per il mondo e rappresentare l’Italia regalano emozioni difficili da raccontare.

Crede in Dio?
Certamente.

Che rapporto ha con i social? Quanto contano oggi per una sportiva come lei? A suo avviso rappresentano una risorsa o un limite?
Mi è sempre piaciuto avere un rapporto diretto con i tifosi, sui social cerco di interagire quanto posso con loro. Recentemente ho lanciato l’hashtag #ciaofans che ha avuto un bel successo, i social vanno sfruttati come una risorsa affinché non si trasformino in un limite.

Come si immagina fra dieci anni?
Non ho mai preso in considerazione il mio futuro una volta che avrò appeso gli sci al chiodo. Chiaramente ho delle idee e qualcosa ho già realizzato, investendo nel progetto ‘Le Selvagge‘, un’azienda agricola di 2500 galline che vivono allo stato brado in un bosco sopra Nembro e sotto Selvino, a Lonno, ascoltano musica classica tutto il giorno e le loro uova, certificate come biologiche, sono vendute anche a ristoranti come ad esempio quelli di Cracco a Portofino e Milano e il Carlo Magno a Brescia e poi sono socia in un bar-ristorante ad Ibiza.

Altro metaforico simbolo di #moltobene: il vello d’oro. Qual è il “vello d’oro” di Sofia Goggia?
Non ho dubbi: la forza di credere in me stessa e nelle mie capacità.